Asfalto più sostenibile della pietra: un paradosso della LCA

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L’analisi del ciclo di vita (LCA) è un metodo definito dalle norme ISO 14040:2006 e ISO 14044:2006,il quale viene sempre di più applicato allo studio della sostenibilità di processi produttivi e prodotto, come ad esempioi materiali da costruzione. Come con ogni metodologia, bisogna saper interpretare correttamente i risultati, che a volte risultano contrastanti. Un gruppo diricercatori dell’Università di Madrid ha effettuato degli studi sulla sostenibilità dei materiali da costruzione avvalendosi di una metodologia semplificata che considera solo i fabbisogni di energia primaria (in relazione alle fasi di produzione, uso e smaltimento di un prodotto), l’impatto sul riscaldamento globale (misurato in kg equivalenti di CO2) e la domanda di acqua necessaria per i processi di fabbricazione e di costruzione in generale. Parallelamente, un altro gruppo delle Università Autonoma e Politecnica di Barcellona ha realizzato uno studio simile per i materiali da costruzione dei marciapiedi. Valutando attentamente l’unica versione accessibile al pubblico, sono stati riscontrati dei risultati a dir poco sconcertanti: l’asfalto, secondo questo ultimo studio, risulterebbe il materiale più sostenibile, mentre la pietra il meno sostenibile in assoluto.

Foto in alto | Piastrelle in cemento per marciapiedi ideate da Gaudì, oggi uno dei simboli di Barcellona.

Ma come è possibile che un derivato dal petrolio risulti più sostenibile di un prodotto naturale, inesauribile?Purtroppo l’articolo non dà maggiori dettagli sulla metodologia utilizzata, perché la risposta potrebbe trovarsi precisamente in questa. Infatti i risultati di una LCA dipendono fortemente dalle condizioni al contorno, e siccome la norma ISO 14040 indica chiaramente che i limiti di un sistema li definisce liberamente l’analista, va da sé che “giocando” con le condizioni al contorno è possibile alterare il punteggio di sostenibilità degli oggetti o processi sotto analisi.

LE METODOLOGIE LCA

Innanzitutto dobbiamo definire cosa s’intende per impatto ambientale di un prodotto. Questo non è altro che la somma di tutte le entrate di materia ed energia (inputs) ed uscite di rifiuti ed emissioni (outputs). I bilanci delle entrate/uscite vanno realizzati per le cinque fasi della vita utile del prodotto:

  • estrazione e processo delle materie prime
  • fabbricazione del prodotto
  • imballaggio e trasporto
  • uso
  • manutenzione efine vita.

La ISO 14040 stabilisce però che il fabbricante può limitare lo studio solo alle due o tre prime fasi (detto approccio cradle to gate, in quanto considera solo gli aspetti sotto il controllo diretto del produttore). I ricercatori invece adottano di solito il cosiddetto approccio cradle to grave , cioè considerano anche gli impatti di utilizzo e fine vita dei prodotti. Quando il prodotto può essere 100% riciclato o riutilizzato, si parla invece di valutazione cradle to cradle.

Esistono diversi sistemi o criteri per definire quali input e output si devono considerare, ogni uno dei quali prende in considerazione un insieme di parametri di valutazione. Alcuni dei sistemi più diffusi sono i seguenti:

  • Metodo IPCC (International Panel for Climate Change). È il più riduttivo in quanto solo prende in considerazione le emissioni di gas a effetto serra e gli effetti sulla capa di ozono atmosferico.
  • Metodo Ecoindicators (1995 e 1999). Ormai poco utilizzato, considera come parametri gli indicatori endpoint (ad esempio, misura gli effetti negativi sulla salute dovuti alle emissioni di un camino).
  • Metodo EPS 2008. Sviluppato dal Swedish Environmenal Management Council.
  • Metodo CML. Sviluppato dall’Università di Leiden (Olanda), si basa sul’utilizzo di indicatori tipo midpoint (ed esempio, misura i kg di CO2 equivalenti delle emissioni di un camino)
  • Metodo ReciPe. É la variante 2009 del sistema Ecoindicators.

Per un elenco più esaustivo di metodologie si consiglia di leggere l’articolo sulla LCA in Italia.

Come il Lettore potrà dedurre, se si considerano solo i flussi di energia ed emissioni di CO2, allora l’asfalto può sembrare più sostenibile dalla pietra, in quanto si tratta di uno scarto del processo di raffinazione del petrolio (quindi la percentuale maggiore di costo energetico ed emissioni di gas serra è associata ai prodotti combustibili quali benzina e gasolio, mentre l’asfalto costituisce di per sé un serbatoio di carbonio). Inoltre si tratta di un materiale in parte riutilizzabile e la sua posa richiede quantità relativamente modeste di energia per via del suo basso punto di fusione. Sembra che i ricercatori catalani abbiano preso in considerazione solo questi aspetti, in quanto il risultato delle loro analisi è che la pietra diventa più sostenibile del cemento e dell’asfalto solo nell’ipotesi che la durata della vita di un marciapiede sia superiore a 45 anni.

Se invece si considerassero tutti i parametri che costituiscono una LCA completa –impronta di carbonio, esaurimento dello strato d’ozono, effetti di tossicità sulla salute umana, emissioni di particelle PM10 (smog invernale), formazione di ossidanti fotochimici (smog estivo), acidificazione del terreno, eutrofizzazione dei corpi idrici, emissioni di metalli pesanti e sostanze cancerogene, occupazione del suolo agricolo e uso di pesticidi, occupazione del suolo urbano, esaurimento delle risorse idriche ed esaurimento delle risorse fossili, residui solidi prodotti– allora il risultato sarebbe molto diverso.

CONCLUSIONI

Quando si parla di impatto ambientale è sempre una buona regola accertarsi sotto quali condizioni siano stati realizzati i calcoli, in quanto i risultati dipenderanno dalle condizioni al contorno. Modelli troppo semplificati possono dare risultati fuorvianti.

Mario Rosato

Mario Rosato Ingegnere

La sua passione sono le soluzioni soft tech per lo sviluppo sostenibile, possibilmente costruite con materiale da riciclaggio. Un progetto per quando andrà in pensione: costruire un'imbarcazione a propulsione eolica capace di andare più veloce del vento in ogni direzione.