- scritto da Mario Rosato
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La sostenibilità dei materiali da costruzione
Secondo gli studi condotti dall’UE, l’industria della costruzioni incide per il 24% sul totale delle materie prime utilizzate a scala globale; inoltre i processi ad essa connessi: l’estrazione, la lavorazione, il trasporto e l’installazione di materiali consumano ingenti quantità di energia e di acqua. Uno strumento utile per la scelta dei materiali più idonei per l’edilizia sostenibile è il metodo di valutazione del ciclo di vita (LCA). Si tratta di un’analisi che consente di confrontare l’impatto ambientale dei diversi materiali, comunemente impiegati nella costruzione, e suggerisce le alternative a basso impatto. Il metodo, definito dalle norme ISO 14040:2006 e ISO 14044:2006, è piuttosto complesso, ma alcune semplificazioni possono essere adottate dal progettista per il processo decisionale al momento di redigere il capitolato.
Un gruppo di ricercatori spagnoli ha proposto una metodologia semplificata, la quale si basa solo sulle tre principali categorie di impatto ambientale, ovvero quelle che considerano i problemi ambientali più importanti in Europa e che soddisfano gli obiettivi della strategia comunitaria “20–20–20” In sintesi, basta considerare i seguenti parametri: i fabbisogni di energia primaria (in relazione alle fasi di produzione, uso e smaltimento di un prodotto), l’impatto sul riscaldamento globale (misurato in kg equivalenti di CO2) e la domanda di acqua necessaria per i processi di fabbricazione e di costruzione.
La pratica comune valuta l’impatto totale di un 1kg per ciascun materiale. Facciamo notare che questo criterio, in realtà, non è utile per confrontare la sostenibilità relativa di materiali diversi e quindi con differenti proprietà fisiche. Ad esempio: come valutare il materiale più adatto per fare una trave? E’ evidente che materiali differenti possono soddisfare livelli identici di resistenza meccanica e di rigidità strutturale, tuttavia con pesi totali diversi. Alcuni calcoli effettuati dai ricercatori spagnoli dimostrano che, ad esempio le tegole in cemento costituiscono una opzione migliore rispetto all’utilizzo sia di tegole di ceramica che di pannelli in fibra di cemento. Le tegole di ceramica sono migliori dei pannelli in fibra di cemento, in quanto consentono un risparmio del 60 per cento di energia primaria. Le tegole in cemento, rispetto a quelle di ceramica, ,consentono di risparmiare più energia primaria., circa il 42 per cento.
Per i pavimenti è preferibile utilizzare piastrelle di pietra invece di piastrelle ceramiche: infatti la pietra fornisce l’86% di risparmio di energia primaria ed il 66% di risparmio di emissioni di gas serra.
L’utilizzo di argille locali e materiali rinnovabili, come la paglia, nei muri di tamponamento, determina un impatto ambientale minore rispetto all’utilizzo di mattoni tradizionali. Sostituire i materiali isolanti sintetici, come il poliuretano espanso rigido ed il polistirolo espanso, con materiali isolanti naturali, come il sughero, la fibra di legno e la lana di pecora, ridurrebbe notevolmente l’impatto ambientale. La produzione di poliuretano richiede infatti un elevato consumo di energia primaria e di acqua, mentre la lana di pecora emetterebbe il 98% in meno di CO2, se venisse incenerita alla fine del suo ciclo di vita. Non va sottovalutata la lana di vetro, che pur non essendo un isolante naturale, viene prodotta con il vetro riciclato, in particolare dalle bottiglie, con un consumo energetico modesto, ed è eventualmente riutilizzabile.
L’alta intensità di energia richiesta dalla produzione di clinker (la componente principale del cemento) è una delle principali cause d’impatto ambientale dei manufatti in cemento.
Il passaggio a fonti energetiche rinnovabili ed il miglioramento di tecnologie per una migliore utilizzazione del calore residuo dal forno, o lo sviluppo di formule che permettano di ridurre la temperatura di cottura, ad esempio, potrebbe dimezzare, entro il 2050, le emissioni di CO2 derivanti dalla produzione di cemento. Dato che in Italia le industrie della ceramica e del cemento consumano principalmente gas naturale, come combustibile primario, è evidente quanto sia urgente avviare una liberalizzazione vera del mercato del gas, tale da consentire l’iniezione di biometano (biogas purificato) nella rete nazionale.
Costruire edifici con strutture in legno ridurrebbe anche la domanda di energia primaria e potrebbe essere quasi carbon neutral, o addirittura un serbatoio di carbonio se il legno fosse riciclato e riutilizzato alla fine del ciclo di vita per altri scopi. Anche i materiali in acciaio, alluminio, rame, vetro e PVC devono essere riciclati e riutilizzati ove possibile per ridurre l’estrazione di materie prime. Ad esempio, la produzione di acciaio da materie prime secondarie (per fusione di rottami di acciaio) potrebbe ridurre le emissioni del 74 per cento, rispetto all’impiego della stessa quantità di acciaio primario (per estrazione di minerale ferroso).
Non tutti i meriti o le colpe sono da attribuire alla scelta errata dei materiali. Nella progettazione di edifici i progettisti hanno un ruolo decisivo nell’abbattimento dell’impatto quando questi sono costruititi in modo da poter essere smontati facilmente anziché demoliti alla fine del ciclo di vita. Ripensare la progettazione in quest’ottica faciliterebbe la separazione dei materiali per successivo riutilizzo e riciclaggio, e l’energia per riscattarli dall’edificio senza dover demolirlo con costosi ed energivori mezzi. Il recupero e l’immagazzinamento passivo del calore, fino al limite delle possibilità tecnologiche, preferendo il solare termico, consentirebbe un’importante riduzione degli impatti ambientali complessivi imputabili agli edifici.
Giocano un ruolo importante nel contenimento dell’impronta ecologica dell’edificio, i materiali certificati, ovvero etichettati EPD (dichiarazione ambientale del prodotto) o con marchi di qualità ecologica (etichette ISO tipo III). Le etichette in generale forniscono informazioni standardizzate in base alla LCA di ogni prodotto. Le imprese di costruzioni possono contribuire a raggiungere gli obiettivi 20–20–20 orientandosi verso questo tipo di materiali anche se a volte più costosi .
In Italia, dove la maggior parte degli interventi edilizi riguardano il ripristino di vecchi edifici, dovrebbe essere incentivato il riutilizzo di materiali provenienti da altri cantieri, e quindi facilitati gli scambi di materiali da demolizione fra imprese. Ciò consentirebbe anche di ridurre i carichi ambientali nelle discariche, così come raccomandado dalla direttiva europea sulla gerarchia dei rifiuti (98/2008/CE).
Fonte | European Commission