- scritto da Giovanna Barbaro
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Case in balle di paglia: il parere dell'esperto di costruzioni in paglia
Da alcuni anni sentiamo parlare di case costruite in balle di paglia e per informare i nostri lettori, addetti e non ai lavori, ci siamo posti alcuni quesiti sui vantaggi e svantaggi, curiosità e prospettive di questa tecnologia costruttiva, tra tradizione e innovazione. Abbiamo posto le domande ad un professionista del settore, l’architetto piemontese Antonio Salvatore, fondatore del laboratorio torinese di autocostruzione "Terra Terra", si occupa di progettazione architettonica sostenibile (energeticamente e socialmente) e ha partecipato ad Arcosanti, progetto di Paolo Soleri, una città "esperimento" in cui architettura ed ecologia si fondono in un tutt'uno.
Le case in balle di paglia: breve retrospettiva
Recentemente nel nostro paese sono nate numerose associazioni no profit con lo scopo di promuovere l'utilizzo della paglia in ogni sua forma di applicazione nei settori dell'architettura, dell'ingegneria e dell'arte, e in generale per divulgare la cultura del suo uso come materiale ecosostenibile.
L’idea di utilizzare le balle di paglia come materiale edile prende origine negli Stati Uniti d’America alla fine dell’Ottocento, in seguito all’invenzione della macchina imballatrice. I primi a sperimentare la tecnica furono i colonizzatori nell’America del nord, precisamente in Nebraska la quale prese il nome del luogo “stile Nebraska”. Molte di queste prime case esistono ancora e sono abitate ancora oggi. Intorno agli anni ‘40 del secolo scorso, a causa della forte espansione del boom economico e dell’utilizzo del cemento, questa tecnica venne, poco a poco, dimenticata. Dobbiamo arrivare agli anni ‘70 per riscoprirla. Grazie ai coniugi Judi Knox e Matts Myhrman - coautori del libro Built it with bales con Steve MacDonald e fondatori di The Last Straw, convinti delle straordinarie caratteristiche delle case in balle di paglia, si dedicarono a raffinare la tecnica costruttiva per adeguarla alle esigenze del loro tempo. Successivamente, passarono la loro conoscenza acquisita ad alcuni ambientalisti ed esperti di permacultura. Presto la tecnica si diffuse rapidamente e molte case furono costruite anche in Europa.
Le prime case in balle di paglia nel nostro continente furono realizzate in Gran Bretagna nel 1994 e, un paio d’anni più tardi, anche in Irlanda grazie a Barbara Jones, la quale importò la tecnica dal Nebraska adattandola alle diverse esigenze climatico-ambientali locali (Inghilterra, Irlanda, Galles, Scozia, ecc.). La Jones ha sostituito i tondini di ferro (utilizzati negli Stati Uniti e Canada per mantenere allineate le balle nei muri) con il legno, precisamente quello di nocciolo e proponendo l’utilizzo della calce al posto del cemento. L’utilizzo di intonaci a base di calce e in cruda presentavano delle elevate proprietà di traspirazione, rispetto agli intonaci cementizi.Attualmente si costruiscono circa 1000 edifici nuovi all’anno nel mondo. Si stanno fondando sempre più associazioni che studiano, sperimentano, condividono e realizzano case in paglia.
Leggi un articolo sulla storia delle costruzioni delle balle di paglia
Il parere dell'esperto di costruzioni in paglia
Giovanna Barbaro, autrice ed intervistatrice: Perché costruire una casa in balle di paglia?
Antonio Salvatore: fondamentalmente perché fa bene a tutti e alla natura... Ma vede, la domanda utile dovrebbe essere: perché costruire una casa con le tecnologie consuete, cioè quelle indicate nei regolamenti edilizi e insegnati a tutti i livelli? Dovremmo ora appellarci al buon senso e alla storia costruttiva.
GB: Esattamente, che cosa intende per tecnologia consueta?
AS: intendo l’uso di cemento armato, laterizio e di isolanti come il polistirolo, o di quello più facilmente reperibile in un qualsiasi magazzino edile o nei reparti del fai-da-te dei centri commerciali edili. Includo a questo elenco anche molte delle pitture e degli arredi a basso costo.
GB: Quali sono i vantaggi del materiale balla di paglia rispetto a quelli tradizionali da lei elencati? Sarebbe interessante evidenziare i principali in termini economici e di benessere.
AS: Innanzitutto, è importante fare chiarezza su che cosa s’intende per tecnologia costruttiva in paglia, immagino che i dubbi sulla sua convenienza siano moltissimi specialmente tra i non addetti ai lavori, tipo sicurezza antincendio, al terremoto ed altre calamità naturali sempre più frequenti e devastanti. I dubbi che emergono, invece, tra i progettisti sono il livello di standard raggiungibile rispetto alle case costruite con le tecnologie consuete. È bene definire i criteri dello standard di riferimento.
GB: L’UE ha attivato da qualche anno diversi gruppi di lavoro internazionale per definire gli standard di progettazione. Quando progetta case in paglia a quale Standard fa riferimento?
AS: Gli standard di riferimento sono quelli di legge nazionale, recepiti dalle direttive dell’Unione Europea, In queste normative sono prescritti i valori tecnico/fisici che i materiali devono rispettare per produrre manufatti edilizi performanti. Di sicuro, gli standard sono l’aspetto positivo di queste normative. Tuttavia, secondo me, il legislatore non è ancora riuscito a legare le prestazioni energetiche con criteri di salubrità reale e di impatto ambientale di tutto il processo edilizio (LCA) degli spazi abitativi. Esistono isolanti molto diffusi in virtù del loro costo accessibile, come per esempio il polistirolo, che a mio avviso presenta delle criticità.
La prima è l’"energia grigia" (embodied energy), ovvero l’energia inglobata che è stata impiegata per produrre il materiale stesso. Se fossimo guidati dalla normativa a scegliere i materiali non in base ai valori di isolamento termico in senso assoluto, ma in termini di unità funzionale minima per raggiungere la prestazione desiderata, quindi un ragionamento più ampio, anche in funzione dei mix energetici, i quali, a parità di materia e prestazioni, differiscono da Stato a Stato. Inoltre, anche l’origine della materia prima, trasporti, trasformazione e vita utile del materiale incidono nella sostenibilità di un materiale. Solo così, inizieremmo a considerare nel processo progettuale che le risorse del nostro Pianeta non sono illimitate.
La seconda criticità è, a mio parere, la salubrità degli spazi abitativi. Tutte le produzioni comuni di mobili e di pitture ammettono valori massimi di sostanze inquinanti e volatili (come i solventi). L’agibilità è un aspetto non contemplato dai legislatori nella normativa, esponendo così gli utenti a malanni e, quindi, a spese per la cura dei danni provocati da una prolungata esposizione.
Mi permetta una piccola dissertazione sulla qualità del costruito. Analizzando il nostro patrimonio edile notiamo una linea di netta divisione tra l’edificato prima delle due guerre mondiali e quello altamente “professionalizzato” della ricostruzione. Il patrimonio che oggi, in Italia, definiamo storico -realizzato prima dei due conflitti mondiali- è stato realizzato con un tessuto di artigiani molto esperti che avevano codificato i metodi di messa in opera e le lavorazioni con il fine di valorizzare lo sforzo del costruire. Dopo la seconda guerra mondiale, abbiamo affrontato la ricostruzione con un tessuto industriale imperante (oltre ad aver perso durante la guerra, al fronte, molti degli uomini “faber” e le loro conoscenze) producendo molto più velocemente i manufatti edilizi, ma con qualità minore, ignorando la salubrità degli ambienti e con un impatto ambientale amplificato.
Le faccio un esempio: la cascina veniva realizzata in sasso da riporto dell’aratura dei campi agricoli, è l’espressione del territorio sulla quale insiste (poteva anche essere realizzata in mattoni cotti o crudi se il terreno si era dimostrato, con l’esperienza, essere adatto alla mescola, oppure in legno locale se derivato dalla gestione dei boschi). Oggi, questa tipologia costruttiva può essere svuotata, demolita in piccole porzioni, per migliorarne la statica e attualizzata agli standard di prestazione energetica. Per contro, le case ricostruite dal post guerra ad oggi, sono l’espressione di un movimento modernista che ha semplificato e banalizzato molte tecniche costruttive, mosso materiali pesanti su ruota, inserito componenti plastici, solventi che hanno una durabilità inferiore rispetto al passato. Ciò comporta, alla fine della vita utile del manufatto, più conveniente il suo abbattimento e il conferimento in discarica delle macerie poiché irrecuperabili. Tra questi materiali bisogna ricordare che c’è anche l’amianto.
GB: In quale modo le balle di paglia possono migliorare un edifico esistente dal punto di vista energetico? Ci dia una scala di valori ad esempio in termini di trasmittanze termiche per il comfort invernale, di sfasamento dell’onda termica d’estate di traspirabilità. Quali valori di comfort possiamo raggiungere costruendo ex novo un edificio interamente in balle di paglia?
AS: Nella riqualificazione energetica, ma anche nella progettazione di nuovi edifici, l'isolante più impiegato è l’EPS, ovvero polistirolo. Già dagli anni ‘70 sappiamo che è una sostanza cancerogena e l'esperienza ci insegna che cicli di gelo e di riscaldamento lo deteriorano in fretta. Come molti componenti edili, anche il polistirolo, è coperto da una garanzia decennale, proprio perché di più non resiste. Pertanto, tra un pò di anni avremmo un carico di rifiuti da filiera petrolchimica da smaltire negli inceneritori perché le direttive UE tendono a considerare questa ipotesi di smaltimento come l’ultima possibile in mancanza di altre soluzioni più sostenibili. E questa è solo una delle criticità del materiale. Un'altra è che ha un’energia grigia enorme, ovvero un impatto ambientale importante, basta valutare i risultati di una LCA. Pensiamo al ciclo di un pannello di isolamento in polistirolo: il petrolio greggio, necessario per realizzarlo, parte da un pozzo, ad esempio più vicino a noi, del Medio Oriente e deve essere trasportato in un polo petrolchimico del nostro paese, per poi essere trasformato in combustibili per vari usi e in altri prodotti (sennò destinati alla discarica) tra cui le plastiche e l'EPS. Insomma, il dubbio che le nostre case siano usate come discariche dei prodotti di scarto del settore petrolchimico si insinua. Ma l'EPS costa poco e, tra l'altro, anche se il prezzo del greggio sale, a differenza delle benzine. Personalmente, non capisco come l'incendio del palazzo Grenfell a Londra non abbia ancora fatto crollare le vendite dell'EPS. In altri termini: se l'isolante ha una prestazione tale da consentirmi di bruciare meno carburante per riscaldare la mia casa, quindi dovrebbe ridurre le emissioni inquinanti (solo per la sua naturale durata, i prossimi 10 anni) allora perché inquinare tantissimo per produrlo (forse anche di più di quanto quell’isolante mi permetterà di abbattere riscaldando casa mia)?
GB: Di quale tipo è e che provenienza ha la paglia che lei usa nella sua progettazione?
AS: Esiste un diffuso tessuto di produttori che offrono alternative di rilievo. Alcuni sono noti, come la fibra di legno e la cellulosa insufflata. Altri invece, ai miei occhi, sono anche molto meritevoli dal punto di vista ambientale. Ad esempio la canapa mista a calce. La canapa è una pianta stagionale che riesce a fissare quantità di CO2 notevoli (due o tre volte un albero). Quindi è ecosostenibile. La calce è una produzione storica italiana che sviluppiamo dai tempi dei Romani fino al Barocco ed anche oltre; inoltre una produzione diffusa e locale. Per ritornare al tema dell'intervista, ovvero la paglia, l’argomento è molto ampio, specie per il potere isolante, ad esempio: si può realizzare un cappotto con le ballette o con le mezze palette e in alternativa si può lavorare con la paglia sfusa mineralizzata con la barbottina d'argilla. Questa tecnologia si chiama terrapaglia alleggerita (light earth). I colleghi francesi, Alain Marcom e Marie Jamin di Terrapaille hanno messo a disposizione delle Linee guida per progettisti e costruttori, utili a realizzare la messa in opera "normalizzata”. La nostra società presenta delle criticità sulla qualità dei grani e sulla qualità dei prodotti agricoli industriali, tant'è che molti agricoltori stanno riprendendo la coltivazione dei "grani antichi". La richiesta di paglia per l’edilizia potrebbe incentivare molti più agricoltori a coltivare questo tipo di grani perché sono piante alte quasi 2 metri che producono fibra in abbondanza, a differenza dei grani da agricoltura intensiva che raggiungono a malapena i 50 cm di altezza. Creando una sinergia tra il mondo contadino e dell’edilizia, in una volta sola, sarebbe possibile migliorare la qualità della nostra alimentazione e degli alloggi.
GB: Quali altri vantaggi offre la casa in paglia in termini di qualità dell’aria indoor?
AS: sì certamente. Esiste uno studio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità che, in barba a tutti i livelli massimi di tolleranza decretati dai governi, sostiene largamente e lungamente che nessuno studio scientifico attualmente è in grado di dimostrare la dannosità per l’essere umano all'esposizione prolungata a sostanze come benzene, resine epossidiche, solventi e in genere ai composti organici volatili (VOC). Il più grande paradosso è che i principali colpevoli di introdurre sostanze inquinanti in casa siamo noi stessi !!! Quindi è opportuno scegliere prodotti adeguati e ventilare i locali. Altra fonte di emissioni cancerogene, sono i mobili comuni, realizzati in truciolato di legno incollato con sostanze a base di formaldeide, come anche le lamine plastiche per rifinire le sue superfici a guisa di legno. Le vie della progettazione raggiungono l’assurdità con la pietra ricostruita, cioè realizzata dalla polvere di pietra incollata con resine spesso molto tossiche, un processo anche molto energivoro. In realtà, la pietra naturale resiste molto bene, sia meccanicamente e sia dal punto di vista chimico ai detergenti.
GB: Quali consigli darebbe a chi volesse aumentare il livello di salubrità dell’aria dei locali di case in paglia?
AS: Sembrerà banale, ma la qualità dell’aria interna dipende dalla cura delle superfici dei nostri spazi abitativi. Tutte le pitture in commercio sono ricche di solventi, di sostanze volatili, purtroppo anche quelle con solvente inodore o all'acqua, forse alla fine più pericolose in quanto ci consentono di resistere alla loro esposizione per maggior tempo, rispetto a quelle che puzzano. Per le decorazioni murarie esistono varie soluzioni. Innanzitutto, avere un buon intonaco in calce è meglio di uno in cemento, proprio per le sostanze che quest’ultimo veicola, per il suo elevato impatto ambientale, processo produttivo energivoro e per le economie che muove.
GB: Quali economie negative muove, secondo lei, il processo produttivo energivoro dei componenti edili ?
AS: In altri termini, esiste anche un aspetto politico e di peso economico/malavitoso, vedasi lo studio pubblicato da Legambiente. Le pitture, da sempre, sono a base di calce, la quale restituisce un bianco stupefacente. Mi riferisco al bianco che si può ammirare ad Ostuni e sui trulli pugliesi, una finitura che non teme un deperimento né un ingiallimento, poiché nasce dal processo di carbonatazione della calce aerea e non dai pigmenti. I colori poi si ottengono con gli ossidi (terre coloranti) naturali e le lavorazioni delle tecniche offrono un ampio panorama di scelte. Inoltre, esistono produzioni mature con qualità eccellente e con proposte anche di pigmenti vegetali. Così potremmo avere delle superfici interne che non inquinano, prive di VOC, ma potremmo fare anche di più. Potremmo avere delle superfici che sono dinamiche con l'attività che si svolge negli spazi abitativi contribuendo di molto alla loro salubrità. Un intonaco in argilla, o in terra cruda, ha la capacità di regolare la percentuale di umidità relativa. Gli esseri viventi producono elevati tassi di umidità, specialmente nei bagni e nelle cucine; anche attività come la pulizia della casa e della biancheria, la traspirazione delle piante in vaso e la respirazione dei nostri amici animali. L'argilla ha la capacità di mantenere costante l'umidità relativa tra il 50 e il 60%, condizione ottimale per la vita e per la conservazione dei cibi.
GB: Ci potrebbe indicare degli esempi?
AS: Se nei bagni utilizziamo un intonaco in argilla significa che possiamo fare la doccia calda, senza attivare l’aspirazione e nemmeno aprendo una finestra. Una volta finita la doccia potremmo vederci allo specchio senza doverlo prima asciugare dell’acqua condensata. Per le stesse ragioni, in cucina significa poter cucinare senza che d'inverno si appannino i vetri delle finestre. Un altro vantaggio qui è la capacità di abbattere gli odori veicolati dall'umidità (l'evidenza è che quando nevica di solito non ci sono odori). In altri termini, possiamo affermare che le pitture di questo tipo evitano il raggiungimento della temperatura di rugiada che determina la condensa delle superfici interne a una determinata pressione di vapore dell’aria interna che contiene delle diverse sostanze inquinanti e anche organiche che depositandosi sulle pareti determinano le condizioni ideali per l'attecchimento e la proliferazione delle muffe.
GB: Quali sono le prospettive di crescita e diffusione della tecnologia costruttiva in balle di paglia in Italia, rispetto alle altre tecnolgie bioedili locali?
AS: Sappiamo che tutte le altre tecnologie bioedili offrono molti più vantaggi rispetto a quelle consuete. E quelle in paglia, legno, terra e calce hanno decisamente minore impatto ambientale, migliore prestazioni energetiche e sono più salubri. L'utilizzo della paglia mira a un modello di sviluppo sostenibile che spesso agevola la socialità.
GB: Che cosa intende per agevolare la socialità grazie all'autocostruzione di case in paglia che lei insegna?
AS: La filiera corta, quella presente sul territorio, occupa piccole imprese di cui si può misurare lo stato di benessere, o di disagio, dei lavoratori a differenza di quelle multinazionali in cui le condizioni del lavoro non sempre sono rispettose dei diritti dei lavoratori.
Poi ci sono i percorsi di autocostruzione assistita (alcune regioni come la Toscana e la Puglia hanno avviato percorsi di normalizzazione del cantiere di autocostruzione). Durante percorsi di progettazione e realizzazione di questo tipo le sinergie tra le persone sono la risorsa più importante messa in gioco. Questo processo crea sul territorio la scoperta e il consolidamento di filiere a basso impatto ambientale, la valorizzazione della gestione delle risorse locali. Tradotto nella vita quotidiana delle persone significa creare leve economiche per ritornare a una maggior sensibilità per l’ambiente, ad esempio la gestione dei boschi riduce il rischio incendi, così come una gestione più oculata delle produzioni agricole può garantire una diminuzione del rischio idrogeologico sul nostro territorio. Riporta al centro delle comunità il territorio, riconnotandolo come risorsa; e, gioco forza, per gestire un territorio serve il lavoro di una popolazione coesa almeno negli intenti. La storia ce lo insegna.
GB: Qual è il messaggio finale che vuole trasmettere, agli addetti e ai non addetti ai lavori? Ci può dare qualche anticipazione, prospettiva futura delle sue ricerche? Che cosa gira nella sua betoniera o hard disk?
AS: Lavorando una cooperativa agricola in provincia di Alessandria sono rimasto affascinato dal loro motto: “Se mangi, sei coinvolto in agricoltura”. L’ho trovata ironica e sagace, un pò come lo sono alcuni versi delle canzoni di Fabrizio De Andrè, così il mio messaggio si può sintetizzare nella sua declinazione nel settore edile: “Se abiti, sei coinvolto in edilizia”. Sembra evidente, in entrambi i casi, che siamo noi “persone” -con le nostre scelte- a influenzare l'orientamento del mercato. Come clienti possiamo acquistare responsabilmente, mentre, come progettisti dobbiamo assumerci la responsabilità di guidare lo sviluppo di un tessuto produttivo territoriale verso la riduzione dell'impatto ambientale, tale che garantisca dei “ritorni” molto più interessanti di quelli esclusivamente economici.
Per concludere, nel mio hard disk e nella mia betoniera (più spesso nella molazza) gira la definizione della figura dell’architetto contemporaneo: ideatore di sistemi costruttivi -realizzati da filiere produttive- con ritorni in termini di beneficio sociale; insomma, una figura che possa dare e misurare il cambiamento del sistema produttivo coinvolgendo e stringendo alleanze con altri settori che sentono lo stesso bisogno di rigenerazione.