Un’isola (di plastica) nell’Oceano: Great Pacific Garbage Patch

Isole di plastica tartarughe

Come gli antichi dei delle leggende maori, anche gli uomini hanno creato un’isola tra le acque cristalline dell’Oceano Pacifico. Non ci sono palme, spiagge da sogno o enormi fiori colorati: solo ammassi di plastica e rifiuti di ogni genere.

Nell’area in cui confluiscono le correnti oceaniche subtropicali, nel Nord dell’Oceano Pacifico, sorge infatti la Great Pacific Garbage Patch (GPGP) o Pacific Trash Vortex, ovvero un’enorme isola di plastica galleggiante.

In copertina: Il contenuto dello stomaco di una tartaruga marina. Credit: Ocean Cleanup Foundation

La storia dell’isola di plastica Great Pacific Garbage Patch

L’esagerato accumulo di plastica nell’Oceano Pacifico venne scoperto nel 1988 dai ricercatori della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), ma fu solo 9 anni più tardi, nel 1997 che la notizia destò l’interesse mondiale grazie al capitano oceanografo Charles J. Moore che, durante una traversata in barca a vela, si ritrovò circondato da un mare di rifiuti.

Nel 2013 l’artista Maria Cristina Finucci, al quartiere generale dell’UNESCO a Parigi, presentò per la prima volta il Garbage Patch State, un’installazione e performance artistica con l’obiettivo di contribuire ad accrescere ulteriormente l’interesse verso quest’isola di plastica nell’Oceano.

Nello stesso anno Boyat Slat fonda la Ocean Cleanup Foundation con l’obiettivo di sviluppare tecnologie per ripulire gli oceani dalla plastica. In particolare la fondazione stima di rimuovere il 50% della plastica imprigionata nel GPGP entro il 2020, con l’aiuto di braccia meccaniche galleggianti, sfruttando le correnti oceaniche. Per quanto la fondazione sia stata criticata dalla comunità scientifica per fattibilità ed efficienza dell’impresa, Ocean Cleanup ha già ricevuto circa 32 milioni di dollari.

Nel 2017 l’organizzazione ambientalista Plastic Ocean Foundation e l’agenzia pubblicitaria LadBible hanno avanzato la richiesta-provocazione di rendere l’isola uno Stato vero e proprio, proclamando primo cittadino onorario l’ex vice-presidente americano Al Gore, ambientalista e premio Nobel per la pace 2007.

Le dimensioni dell’isola di plastica nel Pacifico

Secondo i ricercatori della Ocean Cleanup Foundation nello studio pubblicato su Nature, sulla base del modello matematico elaborato, è possibile stimare che l’isola di plastica accolga una massa compresa tra 45-129 mila tonnellate di plastica (presumibilmente 79 mila) estendendosi per un’area di 1,6 milioni di km2 (circa 5 volte l’Italia). Le microplastiche costituiscono ben il 94% dell’enorme quantità di pezzi di plastica confluita nell’isola e solo l’8% della massa totale, mentre le reti da pesca costituiscono addirittura il 46% della massa. Lo studio stima inoltre che il 10-20% della massa di rifiuti del GPGP potrebbe provenire dallo tsunami del Giappone del 2011.

Anche l'UNEP (United Nations Environment Programme) conferma che la situazione è più grave di quanto si percepisca: ogni anno oltre 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, un valore 20 volte superiore a quello degli anni Sessanta. Se non modificheremo i consumi entro il 2050, il peso della plastica galleggiante negli oceani supererà quello dei pesci e il 99% degli uccelli marini ingerirà plastica.

Ormai tutte le associazioni ambientaliste e non solo, sono impegnate in campagne di sensibilizzazione, informazione e azione per la salvaguardia dei mari e delle specie marine, come le tartarughe.

inquinamento plastica

World Press Photo © ANSA/AP

Le altre isole di plastica

Il Great Pacific Garbage Patch (GPGP) non è l’unica isola di rifiuti che galleggia negli oceani: ne esistono delle altre, di cui le più grandi si trovano nella parte meridionale dell’Oceano Pacifico, nell’Atlantico e nell’Oceano Indiano, come indicato nell'illustrazione:

isole plastica posizione

  1. South Pacific Garbage Patch

Nonostante le prime evidenze dell’esistenza dell’isola di plastica siano state intercettate nel 2011, la South Pacific Garbage Patch è stata ufficialmente scoperta nel 2016 dal capitano Charles J. Moore, lo stesso che ha scoperto la GPGP. Si stima che la South Pacific Garbage Patch contenga elevati livelli di detriti marini ed un’enorme quantità di microplastiche, in particolare microgranuli provenienti da scrubs e altri prodotti di igiene personale.

  1. North and South Atlantic Garbage Patch

La North Atlantic Garbage Patch fu scoperta già nel lontano 1972. E’ caratterizzata da un’elevata densità di rifiuti: si stima infatti una media di un detrito ogni 5 metri quadri circa. Sulla vicina South Atlantic Garbage Patch invece, situata tra l’America Latina e il continente africano, si hanno davvero poche informazioni, anche perché difficilmente intercettabile dalle rotte più note.

  1. Indian Ocean Garbage Patch

Nonostante l’agenzia statunitense NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) ne avesse ipotizzato l’esistenza già nel 1988, quest’isola di plastica a largo dell’Oceano Indiano venne poi ufficialmente scoperta solo nel 2010. Non appare come una vera e propria isola, per via di una distribuzione di detriti pressocchè discontinua: le plastiche, i fanghi chimici e gli altri detriti contenuti si frammentano infatti in particelle sempre più piccole tanto da diventare praticamente invisibili ad occhio nudo.

Accessori e gadget in favore della rimozione della plastica dagli oceani

L'argomento della rimozione della plastica dagli oceani e della salvaguardia delle specie marine, di cui la tartaruga è diventato un simbolo, è cosi' sentito che tante associazioni hanno promosso l'acquisto di prodotti in favore della causa. 

accessori rimozione plastica

Sono nate quindi magliette, tazze, borracce di design e accessori di ogni tipo per diffondere il messaggio dell'importanza della lotta all'inquinamento dei mari. 

"Skip a straw, save a turtle" è un messaggio semplice quanto efficace, stampato su t-shirt e tazze per la colazione. E per evitare di utilizzare cannucce, come suggerito dal messaggio delle magliette, una valida alternativa sono le cannucce in bambu' e in acciaio, riutilizzabili e dotate di scovolino per la pulizia e sacchetto di tela per il trasporto. 

Piccole tartarughe stilizzate sono illustrate su borracce Caretta che non solo di per se' combattono l'inquinamento dovuto alle bottigliette di plastica monouso ma devolvono anche il 25% del ricavato per progetti per la pulizia dei mari dalla plastica. 

Silvia Paldino

Silvia Paldino Ingegnere Civile

Ingegnere calabrese, di adozione romana, lavora nel settore energetico. E’ autrice di articoli scientifici, diari segreti e innumerevoli filastrocche. Nella sua borsa non può mai mancare: un taccuino per prendere appunti. Nella sua testa non può mai mancare: la pianificazione del prossimo viaggio.