- scritto da Luca Leonardo Preziosa
- categoria Progetti
Il campus tailandese realizzato con i container
Il nuovo campus tailandese, progettato dall'ISDI, recupera i container navali abbandonati per creare uno spazio in cui gli studenti possano toccare con mano un esempio di architettura ecosostenibile in cui riciclo ed efficienza sono concetti alla base dell'attività progettuale.
Parlare di sostenibilità, insegnarla nelle scuole, è senz’altro di vitale importanza per assicurare al nostro pianeta un futuro sostenibile. Altrettanto importante è che chi assurge a ruolo di insegnante sia incarnazione vivente di quei valori e concetti che si vuole trasmettere, e che gli studenti siano immersi in un ambiente educativo che è esempio concreto di un modello di vita alternativo. Insomma parlare serve a ben poco se poi non si passa ai fatti e non si è in grado di sperimentare e toccare con mano ciò che si è imparato.
Quando è giunto il momento di costruire il suo nuovo campus a Chiang Mai (nella Tailandia del nord), l’International Sustainable Developmental Studies Institute – ISDSI (Istituto Internazionale di studi sullo sviluppo sostenibile) ha deciso di seguire il motto “insegnare facendo”. L’obiettivo principale del progetto era quello di realizzare uno spazio/manifesto in cui gli studenti potessero imparare e sperimentare in prima persona un modello di costruzione sostenibile, in connessione con l’ambiente circostante.
La scelta progettuale più significativa è stata quella riguardanti materiali e tecniche costruttive. Dopo aver considerato bambù, paglia e altri materiali naturali la scelta è ricaduta su container recuperati dal porto di Bangkok, in quanto materia prima più disponibile. I container sono alla base del commercio mondiale, poiché servono a far circolare milioni di prodotti ogni giorno, rivestendo un ruolo fondamentale nella vita quotidiana di tutti.
Ma cosa avviene quando non sono più necessari? Semplicemente nulla. Attualmente ci sono all’incirca 11 milioni di container inutilizzati nel mondo, abbandonati senza vita nei porti commerciali, in gran parte proprio nel Sud-Est asiatico. Per questa ragione vi è un vero e proprio movimento mondiale di architetti che sta provando a ridare valore a queste scatole metalliche che ben si prestano ai più svariati utilizzi, specialmente nell’architettura residenziale, ma anche come alloggi ospedalieri o asili. In Tailandia vi è un movimento crescente che cerca di attenuare la mancanza di alloggi economici per la grande maggioranza della popolazione, di cui fa parte anche Nattawit Jongprasert, il progettista dell’ISDSI e fondatore di GoodSpace Chiang Mai.
Un altro motivo fondamentale per cui la scelta dei materiali è ricaduta sui container è il fatto che questa tecnica costruttiva minimizza l’impiego del cemento, in un paese come la Thailandia in cui la maggior parte degli edifici sono costruiti principalmente in calcestruzzo gettato, una delle principali fonti di gas serra a livello mondiale (il 5% del totale). Grazie alla tecnica costruttiva impiegata, l’uso del cemento è praticamente evitato, ad eccezione del blocco di fondazione su cui sono poggiati i container, saldati a quest’ultimo tramite piastre di acciaio.
Strategie adottate per massimizzare la sostenibilità
Il layout a tre piani del campus è organizzato intorno a un'area centrale all'aperto che promuove la ventilazione naturale e aiuta a mitigare le alte temperature. L’edificio è attraversato da passerelle aperte che corrono lungo tutto il complesso, sostituendo i lunghi corridoi bui e chiusi solitamente impiegati in questa tipologia edilizia.
Alcune aree, come le sei aule, sono formate ognuna da un container, mentre spazi più grandi, come l'ufficio, la libreria, la palestra e il caffè, sono costituiti da due o più moduli tagliati e uniti. Nessuna parte dei container è stata scartata, ogni ritaglio è stato riutilizzato nell’edificio per creare partizioni interne, infissi, lavandini e alcuni arredi tra cui il bancone della palestra e del caffè. Eliminare i rifiuti edilizi massimizzando le risorse a disposizione. Un’operazione se vogliamo minore, ma che dà un valore aggiunto al progetto, svelando un’attenzione alla sostenibilità in tutte le fasi del progetto. In effetti è da dettagli come questo che si può valutare il valore che l’architetto dà alla sostenibilità in quanto metodo progettuale, piuttosto che come semplice ciliegina sulla torta. Un altro esempio di questa cura si evince da come l'architetto ha risolto la problematica della climatizzazione dell’edificio. La prima strategia infatti è stata quella di isolare al meglio gli ambienti e massimizzare la ventilazione naturale, pertanto riducendo al minimo l’uso dei condizionatori, da impiegare solo in caso di necessità. La maggior parte degli apparecchi sono stati recuperati da un vecchio edificio limitrofo e ricostruiti, evitando così di immettere nell’atmosfera altra CO2, necessaria per produrne di nuovi. L'aria condizionata è inoltre controllata individualmente per ambiente anziché centrallizzata, così da poter personalizzare l’uso in base all’utenza e alla necessità.
Un altro punto chiave che rende questo progetto sostenibile a 360° è l’attenzione al paesaggio circostante, sia dal punto di vista della tutela che della rigenerazione. Il sito su cui è stato realizzato il campus era un appezzamento di terreno abbandonato, ma con oltre 10 alberi, tra cui diverse grandi acacie. Tutti gli alberi sono stati lasciati al loro posto e i container sono stati accuratamente sistemati attorno ed al di sotto di questi, in modo tale da godere dell’ombreggiatura naturale. Questa operazione ha costituito una vera e propria sfida, in un paese dove nella maggior parte dei cantieri prima si abbattono tutti gli alberi, facendo piazza pulita, e poi si inizia a costruire, senza neanche soffermarsi a pensarci sopra per un istante. Per cui il team di progettazione, capitanato da Nattawit Jongprasert, ha dovuto trovare un abile operatore di gru in grado di spostare i container in posizione senza danneggiare gli alberi. In seguito a questa delicata operazione chirurgica è stato progettato un giardino per aiutare a rigenerare il suolo. Inoltre le aree di parcheggio sono state ricoperte da uno strato di ghiaia, preferito all’utilizzo di cemento o asfalto per rendere il suolo semi-permeabile. La ghiaia infatti consente all'acqua di defluire naturalmente nel terreno, confluendo nelle falde acquifere, piuttosto che essere canalizzata via verso gli scarichi.
Ognuno dei punti descritti finora contribuisce a creare un edificio innovativo in cui l’educazione alla sostenibilità è non solo missione primaria ma anche materia prima tangibile, infusa in ogni dettaglio, al fine di istruire una nuova generazione di progettisti sensibili e responsabili. L’educazione genera interesse, l’interesse conduce all’azione!