- scritto da Laura Montingelli
- categoria Progetti
Rivoluzione fotovoltaica in Giappone. Entro il 2030 fotovoltaico su tutte le nuove case
Non si può pensare che il gravissimo incidente alla centrale nucleare di Fukushima, avvenuto in Giappone nel marzo scorso a seguito del sisma devastante e dello tsunami che si sono abbattuti sul Paese, non abbia giocato un suo ruolo nell’accelerare l’orientamento del governo nipponico verso la ricerca di alternative al nucleare, guardando alle energie rinnovabili.
Ma, appunto, si è trattato di un’accelerazione impressa a un processo di parziale e progressivo affrancamento dal nucleare già innescatosi in Giappone sin dal 2009, quando furono varati i primi incentivi per incoraggiare la popolazione a installare pannelli fotovoltaici nelle nuove abitazioni. Incentivi che, sotto forma di sconti fiscali, vanno a riguardare sia i produttori sia gli acquirenti, determinando così una riduzione del prezzo finale dei pannelli che potrebbe addirittura arrivare ad attestarsi intorno al 50%.
Considerata anche la densità di popolazione del Paese, 130 milioni di abitanti, stiamo parlando di quella che a buon diritto si potrebbe definire una vera e propria “rivoluzione energetica”.
Il premier Naoto Kan ha affrontato esplicitamente l’argomento al recente G8 tenutosi in Francia, riponendo l’accento su un tema già scottante non solo per il suo Paese, ma per l’intera comunità internazionale, che dopo Fukushima non ha potuto evitare di tornare a interrogarsi sulla questione del nucleare.
In particolare, il governo giapponese si è dato l’obiettivo di raggiungere entro il 2020 la produzione di 1,4 GWh di energia da fotovoltaico e 5,6 GWh entro il 2030. Questo, peraltro, all’interno di un piano più generale di riduzione, entro il 2050, delle emissioni di gas serra del 60% circa rispetto a oggi.
In particolare, grazie agli incentivi di cui si è detto, si prevede di riuscire entro il 2020 a dotare di impianti fotovoltaici l’80% delle nuove case, arrivando al 100% entro il 2030. Il progetto, denominato Eastern Japan solar belt, si pone un obbiettivo non da poco, considerate anche le enormi difficoltà provocate dal terremoto soprattutto in alcune aree del Paese e le ripercussioni fortemente negative che esso ha inevitabilmente avuto sulle sue economie. Inoltre, va tenuto presente che oggi in Giappone le fonti rinnovabili producono solo il 10% dell’energia elettrica domestica, gran parte della quale è di origine idroelettrica. Fotovoltaico e eolico non generano che l’1% sul totale. Prima dell’incidente dell’11 marzo a Fukushima il nucleare giapponese forniva circa il 30% della produzione elettrica, e nei piani energetici del paese asiatico questa quota doveva salire al 50% entro il 2030.
Ma quanto avvenuto ha determinato una decisa inversione di rotta nelle strategie energetiche del Paese del Sol Levante, che, come Kan ha chiarito nel corso del G8, investirà molte risorse per ridurre i costi di generazione dell’elettricità solare: entro il 2020 a un terzo degli attuali livelli e a un sesto entro il 2030. Un obbiettivo, quest’ultimo, che inizialmente era previsto per il 2040! La sfida dunque non è da poco, ma occorre considerare che l’impegno del Paese e della sua comunità scientifica in questo senso ha avuto inizio già dalla fine degli anni Novanta: dal 1998, 130 ricercatori sono allocati solo a questo progetto, e il mese scorso i ministri giapponesi della scienza e dell’economia hanno iniziato la selezione delle aziende partecipanti, che andranno a costituire un consorzio.
Molti grossi investitori e aziende si sono già dichiarati disposti ad impiegare fondi cospicui per iniziare a lavorare sul recupero delle aree più colpite dalla catastrofe di marzo. Fra questi, spicca l’amministratore delegato della società di telecomunicazioni Softbank, Masayoshi Son, il quale ha già comunicato l’annuncio della realizzazione di dieci nuovi impianti fotovoltaici proprio nelle aree colpite dal sisma, e la disponibilità ad investire ben 97 milioni di dollari per sostenere l’“Eastern Japan solar belt“, a cui si aggiungeranno altri fondi provenienti da amministrazioni locali e banche. La speranza di Son è che la sua iniziativa serva a orientare verso le rinnovabili tutta la politica energetica nazionale.
Questa potrebbe davvero rappresentare per il Giappone una mossa vincente anche per uscire dalle gravi difficoltà finanziarie determinate dal terremoto. Sono infatti le associazioni ambientaliste a rimarcare, attraverso i loro monitoraggi sui cosiddetti “green jobs”, che la costruzione e installazione di un gran numero di pannelli fotovoltaici costituisce sempre per l’economia un ottimo fattore di spinta quanto a occupazione e reddito generato. Inoltre, l’annuncio del Giappone potrebbe anche imprimere ulteriore slancio alle iniziative di lotta al cambiamento climatico già prese da alcune nazioni, quali la Germania e la Gran Bretagna (che si è recentemente distinta con la recente, decisa presa di posizione del premier David Cameron, il quale ha ribadito l’obbiettivo della riduzione del 50% delle emissioni di gas serra entro il 2025).
Naturalmente, un progetto vasto e ambizioso come quello giapponese abbisognerà di uno sviluppo parallelo di tecnologie, così da abbassare i costi e aumentare le prestazioni delle celle fotovoltaiche, a oggi ancora troppo basse.
E va anche detto che non ci si sta muovendo solo in direzione dell’adozione massificata del fotovoltaico a livello individuale. C’è infatti anche in atto una ricerca dell’Agenzia Spaziale Giapponese per riuscire, entro il 2030, a raccogliere energia solare nello spazio attraverso mega pannelli solari di una grandezza complessiva stimata in 4 km quadrati collocati in orbita geostazionaria, per poi trasmetterla sulla terra attraverso fasci di microonde raccolti da gigantesche antenne paraboliche posizionate in mare o in zone lontane dallo sviluppo urbano. È il progetto Space Solar Power System (SSPS), al quale lavorerà l’Institute for Unmanned Space Experiment Free Flyer, che includerà tra le altre Mitsubishi Electric, NEC, Fujitsu e Sharp, con un primo step sperimentale già tra qualche anno: Tatsuhito Fujita, uno dei ricercatori che segue il progetto, ha infatti dichiarato che in tempi relativamente brevi un satellite per i test di trasmissione a microonde verrà messo in orbita da una missione giapponese.
La profonda convinzione del team di ricercatori della Mitsubishi Heavy Industries, uno dei membri del team di ricerca, è che “L’energia solare è una fonte inesauribile e pulita, e questo sistema sarà in grado di risolvere tutti i problemi energetici e buona parte di quelli ambientali".
E dato l’altissimo profilo delle loro competenze, c’è non solo da credergli, ma da sperare che i primi test diano risultati tali da incoraggiare anche i nostri Paesi a imboccare con maggior decisione la strada delle energie alternative.