- scritto da Vanessa Tarquini
- categoria Progetti
Renzo Piano e "la scuola che farei": l'edilizia scolastica sarà sostenibile
Situata in periferia, articolata intorno ad un albero e con la “torre dei libri” (ovvero la biblioteca) che corre a tutta altezza fino al terrazzo: è “la scuola che farei” , un modello di scuola sostenibile che Renzo Piano, architetto italiano di fama internazionale e Senatore a vita, ha elaborato insieme al maestro e pedagogo Franco Lorenzoni e allo psichiatra e sociologo Paolo Crepet.
In copertina: Il disegno in cui Renzo Piano rappresenta la sua scuola ideale
Il progetto de "la scuola che farei"
Il progetto è stato ideato a marzo 2015 quando proprio il maestro Lorenzoni pubblica un articolo dal titolo provocatorio “Cari architetti, rifateci le scuole!”. Il testo è una denuncia non solo del problema, seppur grave ed urgente, della fatiscenza in cui versa l’edilizia scolastica italiana ma soprattutto dell’inadeguatezza dei luoghi dell’educazione; è uno sprone a ripensare gli spazi, ad immaginare un uso più versatile delle aule in modo da stimolare l’ascolto e la concentrazione dei bambini ed evitare di costringerli per ore in scomodi bianchi, limitando la loro libertà e fantasia.
Questo invito ad agire viene raccolto da Renzo Piano, progettista pragmatico e convinto sostenitore del ruolo sociale dell’architettura, che elabora, lavorando in stretta sinergia con chi la scuola ed i ragazzi li vive quotidianamente, le linee guida per i futuri istituti italiani.
Quella pensata da Piano, Lorenzoni e Crepet è una scuola di ispirazione montessoriana, in cui l’educazione avviene non solo tramite le parole ma anche attraverso le esperienze che il bambino fa nell’ambiente che lo circonda, che deve quindi essere ricco e stimolante.
L’articolazione spaziale della scuola che farei
In immagine: Complesso scolastico “Petrocelli” in località Romanina (Roma) di Herman Hertzberger e Marco Scarpinato. Foto © Duccio Malagamba
Dal punto di vista spaziale “la scuola ideale” è concepita su tre livelli di cui il piano terra rappresenta il punto di contatto tra l’edificio e la città; è quindi sollevato rispetto al terreno, in modo da essere permeabile e trasparente.
In esso sono presenti la palestra, l’auditorium, i laboratori - bottega: spazi di carattere collettivo appartenenti all’intera comunità che consentono alla scuola di “vivere per molte più ore rispetto a quelle richieste dalla didattica”. Questi prendono luce da un giardino interno al centro del quale è situato un grande albero che, con colori e profumi che cambiano al variare delle stagioni, insegna ai ragazzi la mutevolezza della vita e la necessità del rinnovamento.
In immagine: “La corte degli alberi”, Nuova Scuola Primaria a Cenate Sotto (Bergamo) di Tomas Ghisellini. Il progetto è uno dei vincitori della II edizione del Premio Fondazione Renzo Piano. Foto © Tomas Ghisellini Architetti
Le classi, una per ogni fascia di età tra i 3 e i 14 anni, sono collocate al primo piano, luogo della didattica. In esso le aule si affacciano sulla corte comune, ad eccezione di quelle per i bambini più piccoli che si aprono invece su un giardino privato. I corridoi, finalmente spogliati della mera funzione di collegamento, non sono più angusti luoghi, stretti e lunghi, ma ampi punti di incontro tra grandi e piccoli.
All’ultimo livello c’è il tetto, luogo del proibito e della fantasia, da cui guardare il mondo da prospettive diverse. Su questo grande terrazzo, ombreggiato tramite pergolati, i bimbi scoprono le attività manuali, grazie ad un orto in cui coltivare gli ortaggi; i laboratori di astronomia, botanica e scienze danno volto e forma a quello che è riportato sui libri, una macchina eliotermica consente di catturare l’energia solare mentre un telescopio permette di guardare pianeti e galassie: perché nemmeno il cielo deve rappresentare un limite alla creatività dei bambini.
A fare da connessione ai tre livelli c’è la biblioteca/mediateca o, come preferisce definirla l’architetto Piano, la “torre dei libri”, che si alza dal piano terra fino al tetto. Aperta a tutti, è il luogo della cultura e della memoria, perché oltre ai libri, sia cartacei che virtuali, vengono conservati i disegni e gli altri lavori degli alunni.
Renzo Piano per la “scuola che farei” ha realizzato un vero e proprio prototipo, un modello in scala 1:200 condiviso con la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell’Istruzione a fine settembre nel corso di un incontro a Palazzo Giustiniani, sede di G124, gruppo di lavoro (6 architetti, 3 uomini e 3 donne) sulle “periferie e la città che sarà” creato dall’architetto e interamente finanziato con il suo stipendio di Senatore a vita.
Inizialmente era stato pensato per la riqualificazione dell’ex area Falck di Sesto San Giovanni (Milano) ma si è presto trasformato in un riferimento per i nuovi edifici scolastici.
La scuola come modello di sostenibilità
In immagine: Nido di infanzia a Guastalla di Mario Cucinella, realizzato con materiali naturali o riciclati a basso impatto ambientale. Foto © Fausto Franzosi
Dal punto di vista costruttivo l’edificio è pensato in legno, a basso consumo energetico ed alimentato tramite fonti rinnovabili, in cui per il riscaldamento e il raffrescamento viene sfruttata l’energia geotermica mentre quella elettrica è prodotta tramite impianti fotovoltaici.
Per educare bambini e ragazzi al rispetto della natura e al risparmio delle risorse infatti, la scuola stessa deve essere un esempio di sostenibilità e occasione continua di apprendimento; è necessario quindi spiegare loro che l’edificio che li accoglie non ha causato disboscamento bensì ha dato vita ad una nuova foresta, perché per ogni metro cubo di legno utilizzato un nuovo albero è stato piantato. In questo modo potranno capire a fondo la bellezza e le potenzialità di questo materiale leggero, antisismico, profumato e forse ancora oggi troppo sottovalutato.
Architettura in legno vuol dire più boschi
Riqualificare le periferie grazie alle scuole
In immagine: Il progetto di Renzo Piano per la riqualificazione dell’ex area Falck di Sesto San Giovanni (Milano), il più grande recupero urbanistico d’Europa.
Ultima ma non meno importante caratteristica è la collocazione: la scuola di Renzo Piano non poteva non essere in periferia. Secondo il Senatore a vita infatti, il “rammendo” delle periferie è la grande sfida di questo secolo, una sfida non solo architettonica ed urbanistica ma soprattutto sociale.
Bisogna smettere di costruire non-luoghi in cui il centro non è più centro e la campagna ancora non si configura come tale; basta edificare in maniera dissennata ed irrazionale. E’ necessario cominciare a recuperare e trasformare l’esistente, restituendo alle periferie la dignità che gli spetta; e non c’è modo migliore per restituire questi “spazi grigi” alle città se non con la creazione di luoghi per l’istruzione perché, come dice lo stesso Piano, si può scegliere di non visitare un museo ma tutti hanno il diritto e il dovere di andare a scuola.